Spesso i nostri clienti credono che un capello sia un campione ideale per eseguire un test di paternità. Questo è dovuto probabilmente all’influenza delle serie televisive in stile CSI dove i detective raccolgono quasi sempre capelli dalla scena del crimine. Bisogna fare alcune considerazioni per quanto riguarda l’analisi del DNA da capello e la probabilità di successo di un test di paternità.
Per capire meglio i limiti dell’analisi di DNA da capelli bisogna descrivere anatomicamente la sua struttura.
I capelli sono costituiti da tre strati: cuticola, corteccia e matrice
Nonostante questi strati siano costituiti da cellule, queste non contengono abbastanza DNA per effettuare un analisi genetica. Per questo motivo la regione del capello che è necessaria per poter analizzare il DNA è il bulbo pilifero anche detto radice del capello. In questa parte il capello è ricco di cellule e di DNA.
Quindi, per effettuare un test di paternità da capello, bisogna assicurarsi che sia un capello con radice (o bulbo). Ricordatevi che i capelli tagliati non hanno radice e quindi non vanno bene per l’analisi del DNA ai fini di paternità. E’ consigliabile raccogliere almeno 6 capelli con bulbo per aumentare la probabilità di successo dell’analisi.
E’ bene ricordare che dai capelli senza bulbo è possibile analizzare il DNA mitocondriale , ma l’analisi di questo DNA non serve per eseguire un test di paternità ma viene usata per investigazioni scientifiche in ambito penale.
Il test di paternità prenatale si realizza quando non si vuole aspettare la nascita del bebè per determinare biologicamente la paternità.
Per effettuare un test di paternità in gravidanza bisogna ottenere un campione biologico del feto tramite villocentesi o amniocentesi rivolgendosi sempre a medici specializzati. Queste rappresentano le due tecniche di diagnosi prenatale invasiva.
– Il prelievo dei villi coriali (villocentesi) si effettua elettivamente tra l’undicesima e la quattordicesima settimana di gravidanza.
– Il prelievo di liquido amniotico (amniocentesi) si effettua invece a partire dalla sedicesima settimana di gravidanza.
Comportano entrambe un rischio di aborto spontaneo di circa l’1%. Per questo motivo è consigliabile una volta effettuato il prelievo non limitarsi esclusivamente al test di paternità ma approfondire lo stato di salute del feto eseguendo il cariotipo per avere informazioni sulla mappa cromosomica fetale.
I campioni di DNA del presunto padre e della madre vengono ottenuti con un semplice tampone buccale.
Alcuni laboratori offrono un test di paternità prenatale non invasivo da sangue materno, questo test non è stato ancora validato dalla comunità scientifica internazionale, per tanto non viene ritenuto affidabile al 100%.